Quinto appuntamento con le nostre dirette Istangram con Alessandro Grandoni, il difensore che per quattro anni e mezzo ha indossato la maglia blucerchiata con 172 presenze. Con la Samp ha vissuto momenti calcisticamente drammatici come la retrocessione del 1999 e il rischio della serie C per poi conquistare da protagonista la promozione in serie A.

 Hai iniziato la tua carriera alla Lazio, come sono stati quegli anni e cosa ti ha spinto a lasciare Roma?

“Gli anni alla Lazio sono stati belli perché sono stati i primi tra i professionisti, dopo 2 anni in D con la Ternana. Era un ambiente importante in cui mi sono tolto qualche soddisfazione come la vittoria della coppa Italia e poi la finale di coppa Uefa contro l’Inter a Parigi purtroppo persa. Poi sono venuto alla Samp perché non avevo tantissimo spazio e sono finito a Genova con molto piacere, nell’ambito della trattativa che ha portato Mihajlovic alla Lazio. Così sono arrivato in Liguria, dalla sponda giusta..”

Ti ha pesato il paragone che avevano fatto con Nesta?

“Non mi ha mai pesato, anche perché era inverosimile. Facevamo parte della stessa squadra e nessuno si aspettava da me quello che faceva Nesta. ”

Nei quattro anni alla Samp hai vissuto di tutto, dal primo anno assurdo con la retrocessione alla promozione in serie A. Com’è stata la tua esperienza alla Samp?

“Il primo anno non è stato bello, anche a causa dei problemi societari della famiglia Mantovani. Poi l’esonero di Spalletti e il suo ritorno dopo Platt, la partita clamorosa contro il Milan in trasferta persa 3-2 con un autogol verso il 90′. Dal punto di vista personale/egoistico è stata una stagione bella perché mi ha permesso di essere protagonista in una piazza importante come quella della Samp, ma traumatica dal punto di vista sportivo. L’anno dopo con Ventura è sfumata la promozione all’ultimo e poi nel 2001 abbiamo rischiato di andare in C, se non fosse stato per la vittoria di Messina con il gol di Conte. Poi è ricominciato a tornare il sereno con l’arrivo di Garrone, che allestendo una squadra forte che ci ha permesso di tornare in seria A agevolmente”

La partita con il Messina è stata piena di tensione, nonostante l’arrivo imminente di Garrone c’era la Samp da salvare. Come vi siete preparati a quella sorta di spareggio?

“Quegli ultimi mesi sono stati difficili, la famiglia Mantovani non ci pagava più gli stipendi. Sapevamo del probabile arrivo dei Garrone, ma finché non è arrivata l’ufficialità c’era un clima di forte incertezza nello spogliatoio. Una volta confermato il cambio di proprietà imminente ci fu una sorta di patto tra i giocatori, ma c’era ormai poco tempo. Quella fu una settimana molto impegnativa e una partita molto tesa e non bella, poi per fortuna è arrivato il gol di Mirko Conte”

La stagione dopo è stata invece perfetta, la squadra era una corazzata, tre derby su tre. Come hai vissuto la festa promozione?

“Noi che eravamo rimasti eravamo molto responsabilizzati e orgogliosi di essere stati confermati, volevamo fortemente portare la Samp in serie A. Fu un’annata fantastica, la festa fu un’esplosione di gioia in cui scaricammo tutta l’adrenalina della stagione, riuscendo a portare la Samp dove meritava. La festa è stata molto bella sia in campo che in città, ci siamo tolti un grande peso”

L’anno successivo a gennaio sei andato via a Modena. Cosa non ha funzionato?

“Dopo aver giocato le prime due partite da titolare il mister aveva fatto scelte diverse, la società aveva acquistato anche Falcone che era un giocatore di primo livello, poi c’erano Carrozzieri e Conte. La società con grande onestà mi disse che non ero più nei loro piani, quindi io lo accettai da professionista la possibilità di andare a Modena. Ma senza alcun rancore, lasciandomi bene con tutto l’ambiente blucerchiato”

Con l’Under 21 hai vinto un Europeo da protagonista con la fascia da capitano in una squadra che era la cantera della nazionale che avrebbe vinto il Mondiale. Com’è stata quell’esperienza?

“C’era un grande potenziale tra Pirlo, Gattuso, Abbiati, Baronio, Ventola e Ambrosini. Come nazionale eravamo molto competitivi, e di conseguenza avevamo anche qualche pressione. Tardelli mi ha sorpreso dandomi la fascia da capitano perché c’erano compagni che giocavano già in grandi squadre. Era un bel gruppo e siamo riusciti a mantenere le aspettative e vincere l’Europeo oltre che a qualificarci per l’Olimpiade dove uscimmo ai quarti con la Spagna”

Come hai vissuto l’esperienza dell’Olimpiade?

“Il grande rammarico fu quello di non poter vivere le emozioni del villaggio Olimpico perché eravamo in città differenti. È stato bello poter rappresentare la nostra nazione, la maglia azzurra pesa in un paese che vive di calcio come l’Italia. In Australia c’erano anche tantissimi italiani e avremmo voluto regalargli la soddisfazione di vincere, ma non è andata bene”

Chi è stato l’attaccante che ti ha messo più in difficoltà?

“Escludiamo il più forte in assoluto, ossia Ronaldo il fenomeno, quello vero. Tolto lui, Filippo Inzaghi era indigesto, era antipatico per come giocava sul filo del fuorigioco. Poi c’erano anche Shevchenko, Vieri ma un altro che era difficile da marcare era Montella, che poi divenne mio compagno alla Samp”

Hai finito la tua carriera in Grecia? Com’è andata?

“È durata solo 10 giorni, mi hanno corteggiato ed io ho accettato con grande entusiasmo trovando l’accordo. Ma dopo la firma cambiarono le carte in tavola non garantendomi ciò che mi avevano promesso e quindi decisi di non continuare. Ci ho visto lungo perché arrivarono sesti ma vennero squalificati per calcio scommesse. Mi sarebbe piaciuto fare un’esperienza all’estero”

Non c’è mai stata nella tua carriera l’opportunità di andare in un campionato estero?

“Purtroppo no. C’era stata soltanto una piccola chiacchierata informale con il Borussia Dortmund, ma non si fece niente. È stato un rammarco della mia carriera, sarei andato ovunque, se avessi dovuto scegliere forse la Spagna”

Adesso fai l’allenatore, come ti trovi in questo nuovo ruolo? Hai preso spunto dai mister avuti in carriera?

“Cambia completamente la visione del calcio. Facendo questo mestiere mi è venuto in mente quello che mi dicevano i miei mister sulle responsabilità di un allenatore rispetto ai giocatori, devi dare conto alla società delle tue scelte. La parte di campo è molto piacevole, la pressione del risultato viene comunque fuori e devi raggiungere gli obiettivi, è una bella esperienza e mi piace”

Qual è il tuo pensiero riguardo il coronavirus e il proseguo dei campionati?

“Dando per scontato che la sicurezza viene prima di tutto, mi sembra strano come il calcio non abbia un protocollo di sicurezza come tante aziende stanno facendo. In modo graduale secondo me si potrebbe riprendere, soprattutto la serie A. Il decreto mi ha sorpreso, i parchi si e i campi di allenamento no? Spero si possa trovare una soluzione”

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